21/09/09

All the pretty horses

The candleflame and the image of the candleflame caught in the pierglass twisted and righted when he entered the hall and again when he shut the door, He took off his hat and came slowly forward. The floorboard cracked under his boots. In his black suit he stood in the dark glass where the lilies leaned so palely from their waisted cutglass vase. (da "All the pretty horses" di Cormac McCarthy)

Texas, 1949. Lacerato ogni legame che lo stringeva alla terra e alla famiglia, John Grady Cole sella il cavallo e insieme all'amico Rawlins si mette sull'antica pista che conduce alla frontiera e più in là al Messico, inseguendo un passato nobile e, forse, mai esistito. Attraverso la vastità di un territorio maestoso e senza tempo, i due cowboy, cui si aggiunge il tragico e selvaggio Blevins, intraprendono un viaggio mitico che li porterà fin nel cuore aspro e desolato dei monti messicani. Qui la vita sembra palpitare allo stesso ritmo dei cavalli bradi e gli occhi di Alejandra possono "in un batter di cuore sconvolgere il mondo". Con una narrazione che all'asciuttezza stilistica di Hemingway unisce la ritmicità incantatoria di Faulkner, McCarthy strappa al cinema il sogno western e lo restituisce, con sorprendente potere evocativo, alla letteratura. (da IBS)

McCarthy ha una scrittura molto particolare, proprio come dice la recensione di Ibs. In molti punti ho fatto fatica, perché i dialoghi non sono segnalati come normalmente avviene col trattino, ma è quasi un flusso continuo di parole. Il libro è molto bello e si arriva veramente a tifare per l'insolito protagonista di questa avventura western. E' un libro che però consiglio solo a quelli che vogliono sperimentare uno stile nuovo o a chi sono piaciuti gli altri successi di questo autore "The road" e "No country for old men".
Alla prossima puntata della trilogia, "The crossing", che ho appena iniziato a leggere.

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