07/10/10

Il grillo del focolare

Fu il Ramino a incominciare. Non state a raccontarmi ciò che dice la signora Peerybingle, perchè io sono meglio informato di lei. La signora Peerybingle può benissimo affermare fino alla fine dei tempi di non essere in grado di dire quale fu di loro a incominciare, ma io dico che fu il Ramino, e credo che dovrei saperlo. Fu il Ramino a cominciare, cinque minuti buoni prima che il Grillo facesse sentire uno solo dei suoi trilli, stando al piccolo orologio olandese, dal colorito cenereo, collocato nell'angolo. (da "Il grillo del focolare" di Charles Dickes)

John Peerybingle vive felicemente con la moglie Piccina, chiamata affettuosamente così perché molto più giovane di lui, quando il vecchio Tackleton mette in dubbio la fedeltà della sua giovane sposa. Insinuazione che sembra trovare conferma in un'immagine fugace e inaspettata che John ha di Piccina in colloquio intimo con un bel giovane. La storia sembra volgere in tragedia, ma interviene il grillo del focolare, nume tutelare della casa, simbolo della felicità domestica. Un racconto sul perdono, sulla fiducia, sull'amore coniugale e filiale, dove anche gli inganni a fin di bene causano un oscillante e ansioso stato d'animo tanto nei protagonisti quanto nei lettori. Una favola domestica in cui un piccolo grillo parla, col suo canto garrulo, di virtù e di sacrificio divenendo così un prezioso genio domestico, come vuole una popolare usanza inglese che si ricollega, andando indietro nel tempo, al culto presso gli antichi greci della cicala, celebrata da Anacreonte, oppure alla venerazione che gli egizi mostravano verso lo scarabeo. Si tratta, cronologicamente parlando, del terzo racconto di Natale di Charles Dickens (1812-1870) che fece palpitare i lettori del XIX secolo e che contiene una toccante e sempre attuale riflessione sulla forza dell'amore. (da IBS)

Dal più grande narratore inglese del XIX secolo, una bella favola natalizia, scandita dai trilli del Grillo. Si legge veramente con piacere, anche per non scordarsi come si viveva non troppo tempo fa.

30/09/10

L'anno della morte di Ricardo Reis

Qui il mare finisce e la terra comincia. Piove sulla città pallida, le acque del fiume scorrono limacciose di fango, la piena raggiunge gli argini. Una nave scura risale il flusso tetro, è la Highland Brigade che va ad attraccare al molo di Alcantara. Il vapore è inglese, delle Regie Linee, lo usano per attraversare l'Atlantico, fra Londra e Buenos Aires, come una spola sulle vie del mare, di qua, di là, facendo scalo sempre negli stessi porti, La Plata, Montevideo, Santos, Rio de Janeiro, Pernambuco, Las Palmas, in quest'ordine o nell'inverso, e se non naufragherà nel viaggio, ancora toccherà Vigo e Boulogne-sur-Mer, infine entrerà nel Tago, e non ci si chieda quale dei due fiumi sia il maggiore, quale il villaggio. (da "L'anno della morte di Ricardo Reis" di José Saramago)

Nel 1936, mentre all'orizzonte si preannuncia la seconda guerra mondiale, scoppia la guerra di Spagna. In quello stesso fatidico 1936 muore Ricardo Reis, solo un anno dopo la scomparsa del suo inventore, Fernando Pessoa. Reis è infatti uno dei tanti eteronimi di Pessoa, che ne aveva immaginato l'ideale biografia (nato a Porto nel 1887, educato dai gesuiti, medico, espatriato per ragioni politiche in Brasile nel 1919) e gli aveva attribuito come poeta classicistiche odi oraziane, ma non gli aveva dato carne e sentimenti. Cosa che invece compie Saramago, che lo fa tornare dal volontario esilio in occasione della morte del suo creatore, gli fa aprire uno studio medico a Lisbona, gli fa vivere una vita sociale, gli fa avere due donne, la cameriera d'albergo Lidia e la giovane Marcenda, e un figlio, e prima di morire lo fa essere testimone di tragici eventi, filtro attraverso cui rileggere la storia della patria salazarista, allineata a fascisti, nazisti e falangisti in tutt'Europa. (da IBS)

E' il primo libro che leggo di Saramago e mi è piaciuto molto. Questo grande del '900 ha un modo veramente particolare di scrivere: le frasi sono lunghissime, separate da virgole invece che da punti e i dialoghi non sono segnalati. All'inizio è un po' ostico, ma appena capito il meccanismo, ci si rende conto del genio di questo scrittore che con le parole disegna tante piccole immagini la storia come se fossero rapide pennellate sulla tela di un pittore.

25/09/10

L'eleganza del riccio

«Marx cambia completamente la mia visione del mondo» mi ha dichiarato questa mattina il giovane Pallières che di solito non mi rivolge nemmeno la parola. Antoine Pallières, prospero erede di un'antica dinastia industriale, è il figlio di uno dei miei otto datori di lavoro. Ultimo ruttino dell'alta borghesia degli affari - la quale si riproduce unicamente per singulti decorosi e senza vizi -, era tuttavia raggiante per la sua scoperta e me la narrava di riflesso, senza sognarsi neppure che io potessi capirci qualcosa. Che cosa possono mai comprendere le masse lavoratrici dell'opera di Marx? La lettura è ardua, la lingua forbita, la prosa raffinata, la tesi complessa. A questo punto, per poco non mi tradisco stupidamente. «Dovrebbe leggere L'ideologia tedesca» gli dico a quel cretino in montgomery verde bottiglia. Per capire Marx, e per capire perché ha torto, bisogna leggere L'ideologia tedesca. (da "L'eleganza del riccio" di Muriel Barbery)

Parigi, rue de Grenelle numero 7. Un elegante palazzo abitato da famiglie dell'alta borghesia. Ci vivono ministri, burocrati, maitres à penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, che appare in tutto e per tutto conforme all'idea stessa della portinaia: grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. Niente di strano, dunque. Tranne il fatto che, all'insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta che adora l'arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Cita Marx, Proust, Kant... dal punto di vista intellettuale è in grado di farsi beffe dei suoi ricchi e boriosi padroni. Ma tutti nel palazzo ignorano le sue raffinate conoscenze, che lei si cura di tenere rigorosamente nascoste, dissimulandole con umorismo sornione. Poi c'è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita (il 16 giugno, giorno del suo tredicesimo compleanno). Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l'ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l'uno dell'impostura dell'altro, si incontreranno solo grazie all'arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renée. (da IBS)

Generalmente guardo con sospetto tutti i libri acclamati come miracoli editoriali e prima di leggerli lascio passare qualche anno, per vedere se continuano a essere citati, letti e commentati positivamente da altri lettori, successivi alla prima "ondata".
Ho fatto così anche con questo bellissimo "L'eleganza del riccio" di Muriel Barbery, che è uno dei libri letti ultimamente che più mi è piaciuto!
L'elternanza dei capitoli rispetta l'avvicendamento delle voci delle due insolite protagoniste. Vengono trattati argomenti diversissimi e ci si affeziona moltissimo a Renée e Paloma.
"L'eleganza del riccio" è il secondo libro pubblicato da questa scrittrice francese. Ho in attesa di lettura anche il primo, "Estasi culinarie", che è ambientato sempre nello stesso condominio, e da quel che ho letto ha altri protagonisti, che nel secondo romanzo sono solo sfiorati dal racconto.

10/09/10

La caccia al tesoro

Che Gregorio Palmisano e sò soro Caterina erano pirsone chiesastre fin dalla prima gioventù, era cosa cognita in tutto il paisi. Non si pirdivano 'na funzioni matutina o sirali, 'na santa missa, un vespiro, e certi volte annavano in chiesa macari senza un pirchì, sulo se ne avevano gana. Il liggero profumo di 'ncenso che stagnava nell'aria doppo la missa e l'aduri delle cira delle cannile era per i Palmisano meglio del sciauro del ragù per uno che non mangiava da deci jorni. (da "La caccia al tesoro" di Andrea Camilleri)

Un torpore inerte ha invaso il commissariato di Vigàta: un tedio strascicato. Ammortisce pure il trallerallera di Catarella, che adesso incespica tra rebus e cruciverba. Montalbano legge un romanzo di Simenon, e distratto va sfogliando una vecchia annata della "Domenica del Corriere": al telefono continua il dai e ridai querulo e molesto della suscettibile fidanzata, lontana sempre, lontanissima. Eppure un diversivo c'era stato. Due anziani bigotti, fratello e sorella, a furia di preterìe e giaculatorie, avevano rincappellato pazzia sopra pazzia. La loro demenza era arrivata al fanatismo delle armi. E la sceriffata santa aveva lasciato sul campo uno strumento di passioni tristi e appassite: una bambola gonfiabile, disfatta dall'uso; una di quelle pupazze maritabili che (diceva Gadda) tu le "basci, e ci piangi sopra, e speri icchè tu voi. E, fornito il bascio, te tu la disenfi e riforbisci e ripieghi e riponi, come una camiscia stirata". Un'altra bambola gemella, ugualmente disfatta, ma data per cadavere di giovane seviziata, era stata trovata poi in un cassonetto della spazzatura, in via Brancati. Sembrò una stravaganza. (da IBS)

Ho letto molti commenti negativi a questo romanzo di altri lettori, ma a me invece quest'ultimo libro con Montalbano è piaciuto molto.
E' diviso in tre parti: una piccola parte iniziale dal ritmo velocissimo, una parte centrale dal ritmo molto lento e una finale, ancora dal ritmo serratissimo. Leggendo le prime due parti, sembrano libri completamente differenti, tanto sono diversi! Poi nel gran finale tutto i pezzetti del puzzle trovano la loro collocazione.
In questo romanzo non penso proprio che lo scopo di Camilleri sia di sfidare il lettore ad indovinare l'assassino, che invece s'indovina subito per i pochi personaggi presenti, ma di entrare nella sua psiche e in quella di Montalbano quando capisce come si sono svolti i fatti.

08/09/10

Rieccomi

E' moltissimo che non scrivo su questo blog e me ne vergogno! In questi ultimi mesi mi sembra di essere sempre di corsa, ma probabilmente è solo un'impressione. Ho lavorato, ho fatto i miei soliti giorni di ferie, ho letto, guardato molti telefilm ecc ecc.

Poco prima di partire per le ferie, mi è arrivata l'ultima novità tecnologica con cui mi sto dilettando: un ereader. Ebbene sì, ho ceduto pure io a quest'innovazione, nonostante le centinaia di libri nella mia libreria che ancora aspettano di essere letti.

Ho preso un Nook di Barnes & Nobles, un super gioiellino a mio modesto parere, che se non fosse per la scocciatura di doverlo acquistare su ebay dall'America, ma fosse presente nei negozi, batterebbe di sicuro tutti gli altri per le sue potenzialità e comodità di lettura!
Quindi, per la felicità di quelli che devono convivere con me e la mia ingombrante libreria, ho smesso di acquistare libri cartacei. Si avete letto bene! Ripeto per evitare ogni fraintendimento: Erica, la maniaca di libri e della carta, non acquista più libri di carta! Ok, ve lo concedo, esclusi i libri ricordo comprati in viaggio :-P

Le ultime novità e non solo, quindi le leggo in formato elettronico sul mio nuovo e fedele Nook!
Se non avete mai visto la tecnologia e-ink in azione, fidatevi di me, la vista non si stanca per niente.
Se siete titubanti per la storia del profumo della carta, fidatevi ancora di me: il mio nook sa un odore buonissimo! E in caso di astinenza di odore di carta si può sempre fare un giro in libreria a sfogliare qualche libro gratis :-D
Se diffidate perchè vi piace il contatto con la carta, vi posso dire che il Nook ha un metodo di sfogliare le pagine che l'ha inventato un genio, perchè imita lo sfogliare di un libro! Non ci credete? Cercate le parole chiave "nook page swipe" su You Tube e vedrete ;-)

Per quanto riguarda la vacanze, sono stata in Francia. Ho visitato Valle della Loira, Bretagna, Normandia, e nel viaggio di ritorno Chartres, Versailles, Fontainbleau e Digione, una sacco di chilometri in pochi giorni!

01/04/10

The lost symbol

The secret is how to die.
Since the beginning of time, the secret had always been how to die.
The thirty-four-year-old initiate gazed down at the human skull cradled in his palms. The skull was hollow, like a bowl, filled with bloodred wine.
Drink it, he told to himself. You have nothing to fear. (da "The lost symbol" di Dan Brown)

Robert Langdon, professore di simbologia ad Harvard, è in viaggio per Washington. È stato convocato d'urgenza dall'amico Peter Solomon, uomo potentissimo affiliato alla massoneria, nonché filantropo, scienziato e storico, per tenere una conferenza al Campidoglio sulle origini esoteriche della capitale americana. Ad attenderlo c'è però un inquietante fanatico che vuole servirsi di lui per svelare un segreto millenario. Langdon intuisce qual è la posta in gioco quando all'interno della Rotonda del Campidoglio viene ritrovato un agghiacciante messaggio: una mano mozzata col pollice e l'indice rivolti verso l'alto. L'anello istoriato con emblemi massonici all'anulare non lascia ombra di dubbio: è la mano destra di Solomon. Langdon scopre di avere solamente poche ore per ritrovare l'amico. Viene così proiettato in un labirinto di tunnel e oscuri templi, dove si perpetuano antichi riti iniziatici. La sua corsa contro il tempo lo costringe a dar fondo a tutta la propria sapienza per decifrare i simboli che i padri fondatori hanno nascosto tra le architetture della città. Fino al sorprendente finale. Un nuovo capitolo de "Il Codice da Vinci", un thriller dalla trama mozzafiato, che si snoda a ritmo incalzante in una selva di simboli occulti, codici enigmatici e luoghi misteriosi. (da IBS)

Questo è il terzo libro della serie col professor Langdon. E' quello che mi è piaciuto meno dei tre. Interessante e avvincente fino al colpo di scena finale che ovviamnete non vi racconto. Poi nelle ultime quaranta pagine si dilunga con una spiegazione veramente pesante che ho fatto una fatica terribile a leggere. Bisognava chiuderlo prima!
I libri di Dan Brown son guide di viaggio un po' speciali: come "Angeli e demoni" spinge a visitare Roma, così "The lost symbol" fa venire voglia di visitare Washington e i posti citati nel libro.

25/03/10

L'isola sotto il mare

Mamma mia quanto tempo che non scrivo nulla! Purtroppo ho letto pochi libri in questo inizio d'anno.

Nei miei quarant'anni io, Zarité Sedella, ho avuto miglior fortuna di altre schiave. Vivrò a lungo e la mia vecchiaia sarà gioiosa, perché la mia stella - la mia z'étoile - brilla anche quando la notte è nuvolosa (da "L'isola sotto il mare" di Isabel Allende)

1770, Santo Domingo, ora Haiti. Tété ha nove anni quando il giovane francese Toulouse Valmorain la compra perché si occupi delle faccende di casa. Intorno, i campi di canna da zucchero, la calura sfibrante dell'isola, il lavoro degli schiavi. Tété impara presto com'è fatto quel mondo: la violenza dei padroni, l'ansia di libertà, i vincoli preziosi della solidarietà. Quando Valmorain si sposta nelle piantagioni della Louisiana, anche Tété deve seguirlo, ma ormai è cominciata la battaglia per la dignità, per il futuro, per l'affrancamento degli schiavi. È una battaglia lenta che si mescola al destarsi di amori e passioni, all'annodarsi di relazioni e alleanze, al muoversi febbrile dei personaggi più diversi - soldati e schiavi guerrieri, sacerdoti vudù e frati cattolici, matrone e cocottes, pirati e nobili decaduti, medici e oziosi bellimbusti. Contro il fondale animatissimo della storia, Zarité Sedella, soprannominata Tété, spicca bella e coraggiosa, battagliera e consapevole, un'eroina modernissima che arriva da lontano a rammentarci la fede nella libertà e la dignità delle passioni. (dal retrocopertina)

Questo ultimo libro pubblicato da Isabel Allende mi è piaciuto veramente molto. Avvincente e interessante nei risvolti storici della vicenda, ha veramente calamitato la mia attenzione. Non lasciatelo a impolverarsi sugli scaffali come ho fatto io, ma leggetelo subito!